Sentireascoltare

Abbandonati temporaneamente gli esperimenti alla chitarra – quegli esperimenti che hanno funzionato per anni come una sorta di processo di sublimazione consistito nell’approcciarsi allo strumento amato come a semplice cosa tra le cose, in grado, esattamente alla stregua di tutte gli oggetti, di emettere suoni -, il portoghese Rafael Toral ha inaugurato un nuovo programma di ricerca che lo terrà impegnato almeno fino al 2012. Lo Space Program consisterà in una serie di sperimentazioni (strutturate in tre differenti capitoli: gli Space Studies, gli Space Elements e gli Space Solos, ed inaugurata da quella specie di manifesto programmatico che è stato, qualche mese fa, Space) che reperteranno su supporto frammenti infinitesimali delle migliaia di ore di musica realizzate nello studio di Lisbona dove l’artista lavora da anni – nella migliore tradizione del tecnico del suono – a dispositivi e generatori di onde sonore personalmente brevettati. Spazio è qui parola da accogliere nel pieno della sua valenza polisemica – e ovviamente, il pensiero non può che tornare a Sun Ra. Spazio è l’estensione illimitata entro cui il suono si propaga. Spazio il luogo privato in cui sentirsi a casa propria – lo studio in cui l’artista sperimenta senza remora. Spazio l’avamposto ideale di infinite possibili civiltà aliene – lo Spazio su cui ancora timidamente fantasticavano i primi film di fantascienza. Space Solo 1, il primo lavoro della serie Space Solo pare concentrarsi proprio su quest’ultima accezione del termine. Così, in Portable Ampiflier e Portable Amplifier 3, l’amplificatore portatile elaborato da Toral sembra quasi voler mimare le conversazioni impossibili degli alieni protagonisti di uno z-movie fanta-erotico di Mario Gariazzo; il circuito generatore di feedback in Echo-Feed simula i rumori di un ecosistema, con tanto di fauna, appartenente a una galassia sconosciuta (riuscite a figurarvi cosa sarebbe successo se Olivier Messiaen avesse compilato il Catalogue d’Oiseaux  su un altro pianeta?); l’oscillatore portatile di Electrode Oscillator produce frequenze al limite dell’udibile per l’orecchio già culturalmente forgiato dell’ascoltatore medio – che, è facile  ipotizzarlo, le riterrà scandalosamente in-ascoltabili. Ormai totalmente affrancata dai concetti di scrittura o notazione – non a caso l’influsso più duraturo sull’operato del portoghese è stato quello esercitato dall’opera di John Cage -, la musica di Rafael Toral vive di azioni, nel senso che a questo termine dava il Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza. Spesso del tutto subordinati alle dinamiche corporee di chi li maneggia (si dia un’occhiata ai video presenti nella pagina web del musicista), gli apparecchi di Toral diventano quasi protesi di un corpo umano che non ha più parola, interfacce fisiche tra la propria cassa di risonanza interiore e il rumore dello spazio esterno – qualunque cosa qui la parola voglia significare.
di Vincenzo Santarcangelo